Accuratizzare la Colt (senza stravolgerla)

di Roberto Allara  

La Colt Government è certamente una delle pistole più diffuse al mondo, e le elaborazioni che la riguardano sono infinite. Il cosiddetto aftermarket, cioè l’insieme di ricambi e pezzi speciali da applicarsi all’arma appena acquistata è sterminato. Compensatori, bushing custom, grilletti alleggeriti, cani in titanio, set di molle, mire regolabili: ce n’è per tutti i gusti e per tutte le tasche. Manca la macchina del caffè da inserire sotto il red dot, ma prima o poi qualcuno penserà anche a quella. In fin dei conti, tra un esercizio e l’altro di tiro pratico, uno avrà pur diritto a un buon caffè, giusto?

I preparatori sono molti e ben noti, e gli italiani sono tra i migliori. Ma se uno spara con un’arma di  categoria “stock” e vuole ottenere il massimo? Se uno ha un pezzo storico, un’arma militare, che ha fatto la guerra, e vuole ottenerne le massime prestazioni senza stravolgerla? Anzi, senza che l’aspetto esterno denunci minimamente l’elaborazione?

In questo caso bisogna rivolgersi a Roberto Palamà, armaiolo e preparatore in Borgovercelli, che lavora con poche macchine  molte lime e tanta competenza,  ed ha gusto e sensibilità per l’arma d’epoca, o comunque originale. C’è chi ha sostenuto che se non fosse per il numero di matricola, lui stesso non potrebbe distinguere una Luger uscita dalle sue mani dopo un pesante restauro da una in perfetto stato  di conservazione. Palamà ha elaborato per noi una Springfield 1911A1 strettamente di serie, lasciandola assolutamente invariata nell’aspetto esterno, ma con prestazioni da match, paragonabili a quelle ottenute con elaborazioni molto più vistose.

 

La precisione intrinseca

La precisione intrinseca della canna rappresenta il limite delle prestazioni di un’arma. Se la canna è malandata, logora, con rigature poco avvertibili e corrosioni generalizzate, non vale la pena di intervenire. Bisognerebbe sostituirla, e non è questo lo scopo di questo tipo di preparazione. Oddio, qualcosa si può sempre fare. Anche la più vistosa “banana barrell” può essere raddrizzata al bilanciere, e l’interno può essere ripassato con una lappa di piombo e abrasivo. Però l’operazione è lunga e costosa, il diametro interno aumenta e bisognerà usare solo palle trafilate al diametro esatto della canna tra i vuoti delle righe. In breve, questo tipo di recupero ha senso solo su un’arma di elevato valore venale o affettivo.

 

L’importanza di ridurre i giochi

Quando la canna sia buona, l’altro fattore importante da tenere in considerazione in una pistola semiauto è il corretto riallineamento delle parti mobili dopo ciascun tiro. Per spiegarci, supponiamo che i giochi complessivi tra canna e carrello ammontino a tre decimi di millimetro. Si potrebbe pensare che l’arma sia ben assemblata e che i giochi siano effettivamente minimi, ma non è così. Uno scostamento di tre decimi su cinque pollici, con riposizionamento casuale,  produrrà a 25 metri uno scostamento di ben sei centimetri. Supponendo che la canna garantisca una rosata di quaranta millimetri - non straordinaria ma più che dignitosa – la prestazione complessiva dell’arma porterà ad una rosata di ben dieci (4+6) centimetri. In termini di punteggio, ragionando sul bersaglio di pistola standard a 25 metri, ci passa la differenza tra un’arma in grado di consentire 600/600 ed una che può dare al massimo 555/600. Se poi ci mettiamo anche qualche errore del tiratore…

La canna è riposizionata a ciascun tiro da due elementi: il bushing e l’appendice posteriore che alloggia il perno della bielletta. Non dalla bielletta stessa, che serve solo per far abbassare la canna, e non anche per riposizionarla  come moltissimi sostengono. Ma l’esatto funzionamento della gloriosa 1911 è un’altra storia, e forse qualche volta bisognerà parlarne.

I giochi tra carrello e fusto hanno minore importanza. Però, visto che una pistola che “sciacqua” non dà una bella sensazione, si interverrà anche su quelli, più per motivi “estetici” che per vera utilità. L’importante è che la linea di mira e l’asse della canna giacciano ogni volta sullo stesso piano. Questo è il motivo per cui le pistole da tiro hanno canna e mire fisse, e incidentalmente anche il motivo per cui tutti i revolvers tirano mediamente bene. Per far sì che il  carrello, che porta le mire, e la canna in esso contenuta siano solidali e sempre nella  stessa posizione in configurazione di arma chiusa, bisognerà quindi intervenire su questi elementi. Vediamo come.

 

Accoppiamento canna-bushing

Nel caso in esame, il bushing era già ben accoppiato al carrello, senza giochi. Se non lo fosso stato, si sarebbe reso necessario ricaricarlo con alcuni riporti di materiale. In compenso, dentro il bushing la canna “ballava” con voluttà. La soluzione è stata quella di riportare del materiale all’interno del foro del bushing, e quindi di lavorarlo al tornio in modo da ottenere una superficie torica. In un’altra occasione, all’interno di un bushing era stata calettata una boccola, poi lavorata allo stesso modo. Il pezzo non porta numero di matricola, e quindi nessuno si accorgerebbe dell’eventuale sostituzione con un bushing Wilson, ma il proprietario lo sa e tanto basta. La realizzazione di una superficie torica (una sorta di anello matrimoniale con la convessità rivolta all’interno) ha lo scopo di consentire il doppio grado di libertà della canna senza strisciamenti. Ciò garantirà un accoppiamento più preciso e una maggiore stabilità dello stesso nel tempo.

 

Accoppiamento piede della canna-hold open.

Di solito, l’allineamento posteriore della canna si fa sostituendo la bielletta con una maggiorata, avente quindi un maggior interasse tra i fori. Questo non è il nostro caso. Intanto si vuol mantenere il pezzo originale, e poi la bielletta ha due giochi, sul perno dell’hold open e rispetto al piede della canna. Ovviamente, due giochi hanno due diverse possibilità di tornare a sregolarsi, e comunque l’appendice posteriore va a collocarsi, ad arma chiusa, sul perno dell’hold open. Tanto vale che vi si collochi di precisione, con una buona superficie di contatto che garantisca la stabilità nel tempo. Ciò avviene ricaricando l’appendice con apporto dello stesso materiale, e lavorandola fino al perfetto aggiustaggio. Nel caso in esame, sopra il metallo d’apporto è stato steso un sottilissimo strato di ottone, a malapena intravedibile nella foto, con funzioni antifrizione. L’accoppiamento canna-carrello a questo punto è stabile e senza giochi, e la precisione teorica dell’arma torna ad essere quella consentita dalla qualità della canna. Solo dopo queste operazioni ci si dedica all’accoppiamento carrello-fusto. Il carrello va portato a misura in modo che possa scorrere fluidamente ma senza giochi, e quindi viene stretto in morsa intorno ad uno spessore esattamente calibrato (in questo caso ottenuto con alcuni vecchi blocchetti Johansson fuori uso), fino allo scorrimento sul fusto con leggera interferenza. Alcuni sapienti aggiustaggi delle giude del fusto porteranno all’accoppiamento voluto.

 

La precisione in mano

L’arma così preparata, in morsa, può esprimere le sue rosate migliori. Peccato che il tiratore la usi in mano, e qui sono cascate anche alcune celebratissime Case costruttrici di pistole da tiro. Dal momento della pressione sul grilletto a quello dell’uscita del proiettile qualunque interferenza tra le parti provocherà un disallineamento dell’arma rispetto al punto mirato.  Una tipica interferenza è quella tra prima monta del cane e il controcane, che può avvenire quando lo scatto viene “centellinato” alla maniera dei tiratori agonisti durante il tiro mirato. L’interferenza è minima, ma si verifica nel momento sbagliato, cioè proprio durante la partenza del colpo. Quindi il dente della prima monta deve essere leggermente assottigliato, in modo che il cane, dopo lo sgancio, possa correre liberamente. L’operazione è delicata, perché la prima monta deve comunque garantire il proprio intervento in caso di sgancio accidentale. Si tratta di asportare pochissimo materiale, nel punto e nel modo giusti.

Preparato così il cane, si può accuratizzare lo scatto, che però non interessa solo il reciproco aggiustaggio dei piani. Ad esempio,  la molla a tre bracci tocca in altrettanti punti, e deve essere rifinita se si vogliono evitare fastidiosi “grattamenti”. Lo stesso vale per entrambe le estremità del disconnettore. Su una di esse striscia la molla a tre bracci, e l’altra è azionata dal carrello. Un impuntamento in apertura sarebbe superato con facilità, ma disturberebbe il riallineamento per il colpo successivo.

Fatte queste operazioni, di prosegue con la rettifica dei piani di scatto, con un’avvertenza. Cane e controcane sono montati su una spina, e il foro della spina potrebbe non essere perfettamente ortogonale alle facce laterali dei pezzi. Quindi, per far sì che i piani di scatto tocchino su tutta la superficie, bisognerà montare i pezzi sul rispettivo foro. Magari a prima vista potrebbero sembrare storti, ma quando saranno montati sulle loro spine si accoppieranno perfettamente. Va da sé che i segni di rettifica lasciati sui piani dovranno essere paralleli, e non ortogonali, al senso di scorrimento relativo.

 

La precisione della cartuccia:

Molto del lavoro è stato fatto. Ma si può ancora intervenire. Per esempio, l’arma deve chiudere sul prolungamento della canna, altrimenti chiude sul bossolo. Se le cartucce sono ricaricate possono essere schiacciate in modo diverso, esprimendo quindi un comportamento erratico pur se preparate con estrema cura e attenzione. Si tratta quindi, dove necessario, di ricaricare l’appendice supero-posteriore della canna con lo stesso metallo della medesima, e sagomare il tutto. La precisione massima è stata ottenuta, ma non basta.

 

L’alimentazione

Anche la miglior pistola si rivelerà ben presto un catenaccio se dovrà essere alimentata manualmente colpo per colpo. La Colt 1911 solitamente non dà problemi con le cartucce a palla blindata round nose da 230 grani, che però non si possono usare in poligono. Quindi Per risolvere ogni problema bisogna lucidare la rampa di alimentazione, curando di non asportare materiale per evitare lo sfiancamento del bossolo. Il metodo deve essere quello classico, con un brunitoio di agata o di metallo duro, insistendo fino a raggiungere il risultato voluto. Infine si deve sagomare l’estrattore, perché solo dopo accurata rifinitura potrà scivolare senza sforzo nella gola del bossolo durante l’alimentazione. La modifica è minima, a malapena visibile, ma risolutiva, tanto che la prova definitiva consiste nel fare alimentare, scarrellando manualmente,  il bossolo vuoto. Una volta raggiunto questo risultato, poiché l’alimentazione della munizione completa è decisamente più facile, si può essere certi che l’arma non avrà problemi durante le sessioni di tiro.

 

Le mire

Infine, le mire. Non volendo alterare l’aspetto dell’arma si è intervenuto con ritocchi minimi, consistiti in una sottile rigatura della parte del mirino rivolta verso il tiratore e nella  strombatura della tacca per migliorarne la definizione. Il concetto è li stesso adottato nelle migliori armi da tiro. Naturalmente, per la categoria “stock” in cui le mire possono essere sostituite, si può fare ben altro, inserendo a coda di rondine un mirino con tutti i necessari sottosquadri ed una tacca realizzata a regola d’arte, in modo che la faccia di entrambe le mire rivolta verso il tiratore appaia sempre in ombra. .

 

La prova a fuoco

I risultati si commentano da sé. La rosata è stata realizzata al poligono di Vercelli, in assenza di vento e in buone condizioni di luce, con munizioni ricaricate con cura. Si è scelto di tirare sulla distanza dei 25 metri, per poter avere un termine di riscontro nel paragone con le pistole da tiro in calibro .22. Sono sei colpi in tiro meditato a due mani, senza appoggio, che hanno fatto registrare una distanza di 32 millimetri tra i centri dei due colpi più lontani. In morsa probabilmente l’arma avrebbe fatto meglio, ma anche così il risultato è eccellente,  garantendo di attingere la mouche ad ogni colpo. Decisamente non male per una pistola che, anche ad un esame abbastanza accurato, appare ancora strettamente di serie.