Accuratizzare la Smith

Di Roberto Allara

 

Questa delle accuratizzazioni si sta avviando a diventare una serie, sempre fondata sulla disponibilità e sugli studi di Roberto Palamà. Però non possiamo garantirvi la completezza degli oggetti trattati - ad esempio, tutte le principali armi per difesa personale, o tutte le principali armi per il plinking -  in quanto Palamà bisogna prenderlo così com’è. Se dopo aver studiato un’arma ritiene che gli interventi siano inutili, magari perché il progetto è stato studiato per tutt’altri scopi, si rifiuta di intervenire. Pertanto  tratteremo solo di quelle armi sulle quali vi siano concrete possibilità di reali miglioramenti da ottenersi con una serie di interventi mirati.

La meccanica

La meccanica Smith & Wesson, ad onta della sua apparente semplicità, è molto sofisticata, ed è stata studiata per costruire con le macchine moderne un prodotto dell’Ottocento. Si doveva giungere ad un oggetto affidabile e semplice che non richiedesse più gli aggiustaggi manuali che con largo dispendio di tempo - e con i ridotti costi dell’epoca - erano possibili al momento dell’ideazione.

La Smith, ad esempio, ha ottenuto con il minimo di aggiustaggio la coassialità delle camere con la canna. Prima della Hand Ejector essa era affidata ad organi meccanici, con grande sforzo e costo per l’aggiustaggio e con la possibilità di introdurre un errore sistematico. Nella meccanica Smith & Wesson  invece il tamburo viene portato fino al blocco, che consente un piccolo gioco. Nella fase di sgancio del cane il bocciolo non agisce sul tamburo ma quest’ultimo è libero. L’aggiustaggio finale, per gli ultimi decimi di millimetro, è affidato all’istantaneo e potente flusso dell’aria spinta dal proiettile. Per un principio fisico le due parti interessate a condurre il flusso d’aria si posizionano in modo da ottenere la minore resistenza. Nessun problema, quindi, se a grilletto premuto e cane abbattuto il tamburo del vostro revolver presenta un leggero gioco, che serve a consentire l’effetto citato. E’ chiaro che se il gioco dovesse essere eccessivo bisognerà intervenire sul blocco del tamburo, ma in questo caso ci troveremmo di fronte ad un vero e proprio guasto meccanico.

Nel revolver l’unica molla a lamina è quella del cane. Tutte le altre sono state sostituite da molle elicoidali. Le molle a filo garantiscono una maggiore uniformità di caratteristiche elastiche, perché partono tutte dallo stesso filo omogeneo, mentre ogni singolo esemplare di molla a lamina ne presenta di diverse. Ad esempio risentirà sempre delle condizioni di tempra.

Il recupero del grilletto è stato reso indipendente rispetto alla caduta del cane, con  l’abolizione della molla a “V”. L’avere una sola molla che agisce da mainspring sul cane consente la regolazione della stessa, recuperando così anche le variazioni di tempra. Un costruttore successivo, Manurhin, è ritornato all’antico applicando una molla a lamina alla slitta, sempre per consentire una agevole regolazione.

Gli aggiustaggi da effettuarsi in fabbrica sono molto ridotti in conseguenza della bontà del progetto, perché le varie funzioni non sono accentrate in un sol pezzo, ma affidate a pezzi separati. A esempio un tempo, agli albori del revolver, il grilletto azionava il bocciolo, caricava il cane e bloccava il tamburo. Ciò comportava la necessità di più interventi su un unico pezzo per aggiustare perfettamente a mano le varie funzioni, pena lo scarto del pezzo.

La riduzione degli aggiustaggi tuttavia dà luogo ad un prodotto sicuramente funzionante, ma non ad un’arma ottimizzata, cosa che era - ed è ancor oggi - più facile ad ottenersi con l’intervento manuale di accuratizzazione.

I controlli sull’arma

La prima cosa da fare è prendere in mano la pistola e farla funzionare nelle condizioni in cui si trova. Si verificano così gli impuntamenti e/o gli ingranamenti nella doppia azione e gli eventuali grattamenti della singola, oltre che il punto di rilascio di ciascuna delle due. Una delle cose da fare è quella di effettuare questi esperimenti non solo in modo lento, per valutare lo scatto, ma anche in sequenza quanto più celere possibile, per evidenziare i difetti di riposizionamenti dei componenti. Si verifica anche che la resistenza del grilletto in singola azione sia superiore al peso del revolver. Potrebbe capitare di armare il cane mantenendo l’indice nella guardia del grilletto, e se l’arma dovesse sfuggire non sarebbe certo simpatico spararsi in un piede. A seconda della costruzione del revolver, della lunghezza di canna e dell’appruamento, si provvederà in seguito a realizzare uno scatto di peso opportuno. Sempre con il cane armato in singola azione, bisognerà spingerlo in avanti con il pollice per controllare che non si abbatta. Capita raramente, ma è sgradevole e poco sicuro. Vuol dire che nel montaggio di pezzi standard se ne sono asssemblati due il cui accoppiamento non è risultato sicuro. In questo caso tengono solo per attrito e bisognerà provvedere.

Lo smontaggio

Solo a questo punto si può procedere allo smontaggio. Per provvedervi , si inizia  con il rimuovere le guancette, che sono trattenute da un’unica vite. A questa operazionesegue la rimozione della molla del cane, dopo aver allentato la vite che la carica. La parte più delicata è quella della rimozione della piastrina. Quest’ultima alloggia di precisione nel suo spazio, ed è trattenuta da un incastro. Per evitare di segnarla, dopo averne rimosso le viti, la manovra corretta da effettuare è battere con un mertello di gomma sulla parte del fusto che stava sotto la guancetta destra. L’inerzia - la miglior amica dell’armaiolo – farà sì che la piastrina balzi fuori dal suo alloggiamento, e il gioco è fatto. I componenti possono essere rimossi quasi tutti a mano, incominciando dal cane. Dopo di che, agendo sul grilletto, si infila una piccola leva tra il perno del cane e la parte frontale della slitta, bloccando la medesima ed estraendo il bocciolo ed il grilletto. Infine, bloccando la slitta con un pezzo di legno, si rimuove la leva, si fa distendere la molla e si rimuove la slitta.

Dopo pulizia e sgrassaggio dei componenti si possono osservare i segni che ciascuno porta nei punti di lavoro. Va da sé che l’uso di una appropriata lente di ingrandimento è fondamentale. Le zone lucide denotano i punti dove avviene il contatto. Lo scopo dell’elaborazione è quello di estendere le zone lucide al massimo consentito dalle dimensioni del pezzo. Se un pezzo è largo cinque millimetri e il tratto lucido si estende per due, è evidente che gli altri tre millimetri, fino a quel momento, non sono stati utilizzati. Poiché lo sfregamento reciproco tra i due pezzi avviene solo su una piccola superficie, il consumo sarà elevato, e la sensazione allo scatto varierà nel tempo. E’ del tutto illusorio ottenere il corretto risultato per lucidatura o con spazzole rotative: si tratta invece di rettificare i piani dando loro la giusta inclinazione rispetto al pezzo al quale appartengono e a quello su cui insistono. Il vantaggio della rettifica è anche nel conoscere esattamente la quantità di materiale asportato, cosa impossibile a verificarsi con la spazzolatura rotativa o con l’abrasione a tela o a pietra.

Gli interventi

Il cane è il primo pezzo su cui intervenire. Ha un sistema a due denti per ottenere separatamente l’incocco della singola e della doppia azione. Questo non consente ovviamente di avere uno scatto identico in entrambi i casi, cosa impossibile per costruzione. Permette però di ottenere, lavorando opportunamente le superfici interessate, un’uscita uguale per entrambe le modalità di azionamento. Tra l’altro, evitando che il dente di incocco della prima monta serva come scappamento della doppia azione, si evita che esso si modifichi nel tempo, ottenendo così uno scatto più costante.

Questo però comporta il problema dell’ingranamento - si ha una sorta di ingranaggio a due denti - che viene risolto con ritocchi all’arpionismo del cane. I ritocchi sono delicati. Le tolleranze sono ridotte, e lo spessore di materiale che è possibile asportare, che in condizioni ottimali sarebbe di pochi decimi, talvolta si riduce a qualche centesimo.

Sistemati i piani d’incocco, bisogna verificare che non vi siano interferenze in fase di abbattimento. Il tiratore di solito non se ne accorge, ma un’interferenze potrebbe modificare la posizione dell’arma nel momento più delicato: tra l’inizio dell’abbattimento del cane e l’uscita della palla dalla volata. Nel caso che l’interferenza ci fosse, occorrerà intervenire asportando materiale nel punto di contatto.

A questo punto si rimontano i pezzi, per verificare di quanto ci si è avvicinati alla tolleranza consentita dalla loro forma. La regola generale è quella di togliere la minor quantità di materiale possibile, sempre compatibilmente con il risultato voluto. Fatta questa verifica, e fatta funzionare ulteriormente l’arma per evidenziare nuovamente i punti di contatto, se necessario si provvederà con ulteriori passaggi di rettifica. L’operazione è delicata. Se un piano è storto, raddrizzarlo completamente per spianatura potrebbe portare oltre le tolleranze massime, e quindi bisognerà agire su di esso e sul suo antagonista nella misura mutuamente opportuna.

La possibilità di asportare materiale, ovviamente, non è uguale su tutti i pezzi e può variare per ogni singolo esemplare.

La fase in cui si concentra la maggior parte degli inconvenienti è quella del ritorno del grilletto, che deve avvenire senza ostacoli perché da essa dipendono sia la velocità di ripetizione che il recupero della posizione di partenza, quindi il veloce e corretto allineamento dell’arma per il tiro successivo.

Quindi una cosa da verificare è lo stato di finitura del fondo del telaio. Da esso sporgono i perni, e questi possono averne modificato la planeità, creando attriti o impedendo la corretta posizione di uno o più componenti. Si provvederà a lucidare la slitta nel lato che striscia sul telaio, e a rettificare il fondo dello stesso. Sui revolver con munizioni Magnum, in cui il tormento del rinculo è maggiore,  è importante controllare a fondo il comportamento del dente d’arresto del tamburo per evitare che resti imprigionato all’interno del telaio. Questo componente alloggia in uno scasso praticato nel grilletto e quindi dovrebbe emergere correttamente dal telaio, ma un controllo a fondo è pur sempre necessario. L’accuratizzazione di un’arma - dice Palamà - non deve soltanto migliorarne le prestazioni, ma anche la sicurezza. Il dente l’arresto del tamburo deve essere rifinito sulle superfici e sugli spigoli, evitando di smagrirlo.

Per quanto l’allineamento del tamburo con la canna avvenga pneumaticamente, è bene che la stella non abbia giochi. Per realizzare questa condizione si agisce sulla punta delle spine che la fissano al tamburo stesso, ed eventualmente anche sulla stella vera e propria, provvedendo a restringere i fori di alloggiamento delle spine. Nei revolver più moderni, in cui l’allineamento tamburo-stella è dato da una particolare conformazione delle due parti, si interverrà sulla stella, facendola rifollare per martellatura e quindi aggiustandola a mano. Si tratta, nella peggiore delle ipotesi, di un paio di decimi di millimetro, e quindi l’operazione è valida, anche se la parola “martello” di solito fa storcere il naso ai puristi. L’albero della stella si fa ruotare sul tornio e si raddrizza, sia per rendere più morbida e veloce l’estrazione dei bossolo sia per avere sempre la stessa resistenza nella rotazione del tamburo. Anche questo accorgimento contribuisce ad aumentare la celerità di ripetizione possibile e la precisione nel tiro in velocità.

Il bocciolo deve essere lavorato per funzionare al meglio, senza impuntamento alcuno, e allo stesso modo deve essere ritoccata l’uscita dello stesso dalla stella. Un buon sistema può essere quello di usare un falso bocciolo in acciaio per utensili, a cui sia stato dato il corretto angolo di spoglia. Montando il falso bocciolo ed azionando il revolver, con l’avvertenza do trattenere il tamburo con le dita in modo che la rotazione avvenga con una certa frizione, il bordo d’uscita della stella si aggiusterà da sé. A quel punto si rimonta il bocciolo originale e il gioco è fatto. Naturalmente, se si ha abbastanza esperienza, è possibile intervenire direttamente sul bordo d’uscita, risparmiando parecchio tempo.

La prova a fuoco

La prova a fuoco è stata eseguita dal tiratore americano Sam Baiocco con cartucce accuratamente ricaricate, in tiro veloce a due mani a 25 metri, in doppia azione, con il red dot e in presenza di testimoni. Quest’ultima osservazione non è così scontata, perché la rosata effettuata ha dell’incredibile. Il tiratore è indubbiamente bravo, una sorta di Tom Mix dei tempi moderni, ma ha sparato ogni tamburo, caricato con i classici cinque colpi come usa in poligono, in meno di cinque secondi, realizzando la straordinaria rosata che vedete. Bisognava vederlo per crederci, ecco perché abbiamo accennato ai testimoni. I centri dei due colpi più lontani distano tra loro 33,4 millimetri (a 25 metri!) e l’intera rosata, se centrata, avrebbe attinto la mouche.  L’arma della prova è ancora in Italia, e appartiene ad un personaggio noto del mondo dello sport, ottimo tiratore lui stesso, che aveva un po’ bofonchiato per i tempi lunghi dell’elaborazione. Dopo questa prova, ha pagato senza fiatare e ha detto che il tempo necessario era stato impiegato decisamente bene.